Insieme possiamo salvare la vita di una donna. Anche la tua!

RICORDA: Una vittima non è mai colpevole: non importa cosa ha fatto, cosa ha detto, com’era vestita; Non te la sei andata a cercare: se hai subito una qualche forma di violenza NON sei tu a essere sbagliata. L’amore non picchia, non ferisce, non denigra, non insulta, non ricatta e non uccide: MAI!

Esattamente un anno fa annunciavamo l’uscita, nell’autunno 2020 (cioè ora), di Quanto vale la vita di una donna?, il primo docufilm di Roba da Donne in cui intendevamo raccontare cosa accade dopo un femminicidio. Quando si spengono le luci della cronaca e dell’indignazione nazional-popolare e restano famiglie distrutte, con la condanna certa all’ergastolo del dolore, ad affrontare percorsi di giustizia non altrettanto garantiti.

Questo documentario – è chiaro dall’uso fatto dei tempo verbali – non c’è. Doveva essere un 2020 di interviste in lungo e in largo per l’Italia, di giorni e giorni di riprese, di montaggio, di abbracci forti quando anche solo ascoltare fa troppo male, di progetti. È stato il 2020 che sappiamo: l’emergenza Covid ha obbligatoriamente stoppato le riprese e, quel che peggio, ci ha privati delle sponsorizzazioni che avrebbero dovuto finanziare le lavorazioni.

Nonostante avremmo auspicato un epilogo diverso, il viaggio tra queste storie non è stato inutile.
Restano le storie singole, che abbiamo raccolto qui sotto il nome per noi significativo di “L’amore è un’altra storia”, a dire che mai e poi mai l’amore offende, denigra, picchia, fa paura, violenta o uccide.

Per iniziare a cambiare noi, in qualità di testata, un linguaggio giornalistico frequentemente violento, che romanticizza con l’amore la morale degli assassini o li deresponsabilizza in nome della follia.

Restano le storie ancora da raccontare, cui prima o poi avremo occasione di dare spazio.
Restano le parole della vittime sopravvissute per miracolo, come Pinky, e quelle di tante mamme e anche di un papà di chi non è più tornata. Restano gli abbracci che ci siamo dati prima che arrivasse il virus e gli occhi di una bambina di 8 anni che, alla nonna che abbozza – “Ti presento una mia amica!” -, risponde – “Guarda che lo so che sono qui per la mamma!”. E aveva ragione, eravamo lì per la sua mamma: Giordana di Stefano, uccisa a 20 anni con 48 coltellate da suo padre quando lei, Asia, aveva solo 4 anni.

Restano le cicatrici di Marika, sopravvissuta alla ferocia con cui il padre aveva pianificato di ucciderla insieme alla sorellina Laura, accoltellandole nel sonno entrambe, e resta il tema in cui Laura racconta i suoi sogni da grande, quando non puoi pensare di morire ammazzata da tuo padre a 11 anni.

Resta un monumento a Nicole Lelli e a tutte le vittime di femminicidio in un quartiere di Roma e la rabbia di Gigliola Bono, mamma di Monia Del Pero, uccisa a 19 anni dal suo ex ragazzo, che ogni anno 25 novembre – Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – si rinnova:

Che rabbia! Tutti a chiedere interviste o a invitare le vittime di violenza agli eventi il 25 novembre (Giornata contro la violenza sulle donne, ndr) o l’8 marzo. In quei due giorni lì tutti in prima fila; tutti a fare bei discorsi e a farsi vedere commossi o coinvolti, poi dal giorno dopo tutto come prima: di noi e soprattutto delle nostre figlie uccise non interessa più niente a nessuno.
E intanto continuano a morire donne come mosche.

Queste storie potete ascoltarle, direttamente dalla voce dei protagonisti e dei famigliari della vittime a questo link.

Resta, infine, anche questo trailer che, per onestà e precisione (e soprattutto, per fortuna), è vecchio di un anno e andrebbe aggiornato!
Gli indennizzi alle vittime dei reati intenzionali violenti non sono più quelli scandalosi previsti fino a poco fa dal D.M. 31 agosto 2017 (e inseriti nel trailer) con il quale l’Italia riteneva di aver aderito alla direttiva europea 2004/80/CE, che obbliga gli stati membri a garantire alle vittime indennizzi equi e adeguati, di:

  • 7.200 euro – Reato di omicidio
  • 8.200 euro (in favore dei figli della vittima) – Omicidio commesso dal coniuge o da persona che è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa
  • 4.800 euro – Violenza sessuale, salvo che ricorra la circostanza attenuante della minore gravità
  • Massimo 3.000 euro a titolo di rifusione delle spese mediche e assistenziali – Altri reati

Ma sono quelli del decreto del Ministero dell’interno del 22 novembre 2019, pubblicato sulla gazzetta ufficiale del 23 gennaio 2020, n. 18:

  • 50.000 euro – Reato di omicidio
  • 60.000 euro (in favore dei figli della vittima) – Omicidio commesso dal coniuge o da persona che è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa
  • 25.000 euro – Violenza sessuale, salvo che ricorra la circostanza attenuante della minore gravità
  • 25.000 euro a titolo di rifusione delle spese mediche e assistenziali – Altri reati

In scandaloso ritardo, ma almeno una buona notizia! 

Eppure ci sono gli altri numeri che non sono per nulla buoni. Francesca Zanni li ha raccolti e schematizzati per noi in questo prezioso articolo di datajournalism:

Sono numeri che ci dicono che abbiamo un problema enorme, che non si estirpa da un anno all’altro, perché è un problema culturale radicato, nella nostra educazione, nel nostro modo di pensare l’essere maschi e femmine e il rapporto tra i due sessi.
Sono numeri destinati a non cambiare se persino la classe politica e intellettuale – giornalisti in primis – non riesce a cambiare il proprio linguaggio, che riflette un pensiero preciso, checché se ne dica, e colpevolizza le vittime.

Si diranno molte parole in questa giornata, come dice Gigliola Bono, e poi da domani ci dimenticheremo di queste donne fino all’8 marzo o finché non toccherà a noi o a qualcuna a noi vicina.

Noi, qui di seguito, proviamo a dire solo due cose.

1. Denunciate! Denunciamo! Ma, attenzione, facciamolo in modo sicuro!

Non rivolgendoci genericamente alle forze dell’ordine, dove potremmo trovare del personale non formato o in grado di darci supporto immediato, ma agli Sportelli AntiViolenza della zona o chiamando il numero 1522.

2. Non siete, non siamo colpevoli. Siete, siamo vittime!

Se persino un volto noto, in una campagna di un’associazione antiviolenza che gira in tv in questi giorni, ci dice se non denunci, sei complice del tuo aguzzino, forse è bene urlarlo forte:

non sei colpevole, sei spaventata, pensi di potercela fare da sola, credi di tutelare i tuoi bambini o che cambierà, ti vergogni o hai paura che nessuno ti creda.
Ma sei e resti una vittima.

Denunciare è importante. Fallo in sicurezza, ma RICORDA:

  • Una vittima non è mai colpevole: non importa cosa ha fatto, cosa ha detto, com’era vestita;
  • Non te la sei andata a cercare: se hai subito una qualche forma di violenza NON sei tu a essere sbagliata.
  • L’amore non picchia, non ferisce, non denigra, non insulta, non ricatta e non uccide: MAI!

Parlare, raccontare, uscire allo scoperto: DENUNCIARE è importante.

Usciamone insieme: le vostre e nostre storie di violenza

Qui noi di Roba da Donne abbiamo raccolto alcune storie di violenza che ci hanno raccontato le nostre lettrici.
Storie di violenza fisica, violenza psicologica, violenza emotiva, violenza economica, violenza sessuale e violenza assistita.

Sono TUTTE forme di violenza gravi e inaccettabili, che possono causare danni permanenti a chi le subisce.

Alcune sono così subdole o quasi socialmente accettate che, in molti casi, la vittima non si accorge neppure di essere tale.
Per questo è importante parlarne e fare sentire la nostra voce.

Le trovi qui. Puoi leggerle, per sentirti meno sola. O puoi raccontarci la tua. Le daremo lo spazio che merita.

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Scrivici qui o a info@robadadonne.it

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